La parabola del "movimento no global"
A 24 anni di distanza dal funesto G8 di Genova e da quelle torride giornate di luglio, alla luce della mia esperienza, temo che la maggioranza della gente sia del tutto sorda e indifferente alle giuste ragioni sociali e politiche rivendicate in quei giorni dal cd. "movimento no global", resosi portavoce di tutti coloro che erano e sono "invisibili" nella società dei consumi di massa. Quel movimento fu, nel corso della storia occidentale, l'unico tra i vari movimenti di una certa rilevanza politica a non rivendicare nulla per sé e a spendersi a favore delle istanze e dei diritti altrui, dei soggetti sociali più emarginati e meno abbienti, impegnandosi per cause umanitarie e solidali. Un movimento di ampie dimensioni di massa, eterogeneo e multiforme, che riuniva in sé una moltitudine di forze sociali, politiche e sindacali, provenienti da varie realtà nazionali ed internazionali. Il comune denominatore politico e culturale era una visione condivisa di una società differente, più umana e radicalmente alternativa all'esistente. Un comune sentire ed un approccio critico (sia pure vago e generico in molti casi) alla realtà alienante della "globalizzazione" di matrice neoliberista. Le critiche mosse dai "no global" a quel modello economico-materiale e consumistico, vincente a livello planetario, il rifiuto dell'egemonia culturale esercitata dal "pensiero unico neoliberista" e da un'ideologia consumista, erano nettamente valide e sacrosante. Tuttavia, i limiti di quel movimento, al di là dei meriti e delle ragioni incontrovertibili, evidenti oggi più che nel passato, consistevano in una precarietà e fragilità politica e progettuale, in una sterile e scarsa unità di intenti sul versante più squisitamente strategico ed organizzativo, che ne hanno pregiudicato ogni spinta propulsiva per una trasformazione radicale del sistema economico e politico neo-imperialista, che rischia di trascinare l'umanità sull'orlo di una vera apocalisse atomica. Dopo le feroci brutalità poliziesche durante il G8 di Genova ed il "trauma" dell'11 settembre 2001, il movimento perse la sua "verginità" e si indebolì rapidamente fino alla sua totale e definitiva uscita di scena, avvenuta più o meno dopo il 2006/07, se non erro. Guarda caso, in concomitanza con la confluenza dei consensi a favore del "centro-sinistra ulivista" presieduto da Romano Prodi con l'appoggio del PRC di Fausto Bertinotti. Vale a dire con l'accordo di "desistenza". Amen...
Lucio Garofalo
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